mercoledì 21 novembre 2012

Jus soli, jus sanguinis, Balottelli, El Sharawi: no, non l'ho sentita al Bar Sport!






Ieri era il mio compleanno, ok? Per premio o regalo in via sarcastica, per il mio lavoro in via realistica, sono stata a Venezia, al Palazzo Regionale Grandi Stazioni ad una conferenza dal titolo:
" Integrazioni esperienze e risultati del Fondo Europeo per l'Integrazione ( FEI) in Veneto" .
Sono un'insegnante e me ne intendo, per provata esperienza so distinguere un bambino che legge a prima vista da uno che ha già letto diligentemente la paginetta a casa. Per intenderci, come un bravo meccanico che ascolta il motore con la testa dentro il cofano e un secondo dopo ti dice che è il carburatore o qualcosa lì vicino.
E' stato fantastico, bellissimo, sentir leggere l'assessore della Regione Veneto ai flussi migratori Daniele Stival, della Lega. Egli leggeva cose dolcissime e dal forte senso umanitario e sentirlo pronunciare sentitamente " gli immigrati rappresentano una fetta importante della società " mi ha fatto un immenso piacere. Forse è diventato cannibale e per fetta intendeva una gustosa e saporitissima parte di torta commestibile, ma l'ha detto.
Peccato che il secondo relatore, alias Angelo Tabaro, Segretario della Regione Veneto alla Cultura abbia rovinato poi tutto, andando a braccio. Vi sintetizzo e vi lancio le parti che ho annotato, il resto era banalmente pura e noiosissima retorica , cose trite e ritrite, dal sapore rancido che non si sentono più nemmeno al bar Sport. " ... è cresciuto il numero degli immigrati ma non è cresciuta l'esterofilia nè la delinquenza ... Diritto di cittadinanza? Nomina Balottelli ed El Sharawi ( robe da circo equestre) ed esclama che quando questi fenomeni fanno goal ... beh allora jus sanguinis ... zzz zzzz ... e conclude: vi racconto un aneddoto, c'erano due ragazzine che parlavano fra di loro in strada, una era ... ( per arrivare a dire che insomma sì era di colore, cioè la pelle era di colore, si è messo d'impegno) insomma quella di colore con la pelle di un colore parlava dialetto veneto ... indi e per cui jus sanguinis e jus soli  ( Nessun salto sulla poltrona da parte di Stival ma un sorriso beota permanente) ... zzz zzz ... zzzz
Questi signori della politica sono strapagati per leggere discorsi del cazzo che non condividono e per vivere, con ipocrisia, anni luce dalla realtà.

La dicotomia tra la cultura dell'intercultura della scuola dell'obbligo, la scuola che conosco io e la loro idea di cultura al proposito è abissale.
Il potere ed il profumo dei soldi li pervade. Il loro disgustoso livello grida vendetta.
Vergogna!

mercoledì 7 novembre 2012

Recensione de " ll Foglio" di Giuliano Ferrara per GOODBYE, HABIBi! Virginia.



Presentazione del libro


Goodbye, habibi! Virginia.

e aperitivo con l'autrice

a Bassano del Grappa
alle ore 18.30
il 14 dicembre 2012  
Caffè dei Libri
Vicolo Gamba,5  
a cura di Francesco Bettin.

Recensione del 06 novembre 2012 de " Il Foglio " di Giuliano Ferrara per
Goodbye, habibi! Virginia.
Una fogliata di libri




"Goodbye, habibi!"

di Clara Caverzan, Edizioni Anordest, 334 pp., 15 euro

Maria José Virginia – “nome come la regina antifascista”, “mia madre me lo impose perché ammirava Maria José come donna… una specie di femminista” – è una cinquantenne del nord est: esasperata da un matrimonio che suo malgrado è andato a rotoli, e sopravvive solo per abitudine e convenienza economica. Mariano, il marito, è un imprenditore di genio con un talento per la tecnologia che gli ha permesso di arrivare al successo da self made man: ma da un’infanzia difficile ha ereditato una sessualità oscura e gelosa, che tormenta Virginia fino a quando i due non scoprono l’Egitto. E a quel punto trova comodo delegare alla moglie gran parte della gestione dell’azienda, in modo da poter passare periodi sempre più lunghi nella villa che si sono fatti fare nella terra dei faraoni. E poi c’è Bahr, il terzo vertice del triangolo, il cui nome significa “mare”: il ragazzo nubiano che ha metà degli anni di Virginia, l’età di sua figlia, e che a un tratto sembra poterle infine dare una storia d’amore vero, inaspettato e inebriante. “Perché lei adora questo piccolo grande uomo che, sopravvissuto ad un villaggio della Nubia, è stato messo a pensare a se stesso, appena adolescente; che si è fatto da sé, peggio che dal nulla, in condizioni dure e pericolose e sa vivere da solo, si sa mantenere, sa destreggiarsi bene in tre, quattro lingue straniere, sa fare il cuoco e il cameriere con eleganza, il marinaio, l’istruttore di surf; è forte e i suoi muscoli sono sani come quelli di un contadino, ha rispetto di se stesso e della legge; sa aspettare, sa affrontare la fame, la fatica, un clima duro e una terra arida, la solitudine, il deserto; e sa anche ballare, rilassarsi, essere gentile quando serve, attaccare e difendersi, sa tenere la bocca chiusa quando è il momento, sa rispettare la sua stirpe, le sue origini, i suoi simili, la sua cultura, la sua religione, la sua famiglia e, senza essere un integralista, per tutto ciò darebbe la vita senza pensarci su due volte. Sa fare all’amore, sa come si fa a conquistare e tenersi una donna”.
Ma davvero il bel nubiano è il tenero dio dell’amore che sembra? Davvero la storia tra Bahr e Virginia è un esaltante romanzo? Davvero il figlio di una terra antica è del tutto estraneo a quel tipo di meschinità e prepotenze che hanno ucciso il rapporto tra Virginia e Mariano? A poco a poco, Virginia scopre che quel che accade tra lei e Bahr appartiene a quel torbido fenomeno in rapida espansione ma in gran parte ignorato dai media che si chiama turismo sessuale femminile. “Il fatto straordinario sta anche in quella situazione di potere, in quello scatto in avanti rispetto a te stessa, quel potere di certi uomini ricchi che, da che mondo è mondo, tengono legate a sé le schiave idiote, le donne che non sanno badare a se stesse, grazie alla sicurezza del loro denaro”. Il lirismo vira sul sordido, la complicità degenera in un gioco di ricatti reciproci, l’apparente comprensione e l’idillio si trasformano in uno scontro tra opposte volontà di sopraffazione. Il finale a sorpresa, ma non troppo, invita forse a non cercare facili scorciatoie, e a interrogarsi su quello che c’è veramente, dietro le apparenze. L’autrice di questo libro, per esempio, è stata sindaco del comune di Scorzè, provincia di Venezia, dove tuttora vive e lavora come insegnante. E dopo il successo in odor di scandalo di un suo romanzo erotico pubblicato nel 2008 e intitolato “Desideria”, anche questo suo secondo libro si presenta con l’etichetta di romanzo erotico visto da un punto di vista femminile (genere che attualmente va per la maggiore). Ma in realtà l’erotismo, che pure c’è, nel libro di Clara Caverzan conta molto meno dell’indagine acuta e feroce sulle ipocrisie del nord est, sugli equivoci del rapporto nord-sud, sulla disintegrazione della famiglia.